di Don Primo Mazzolari – Bozzolo (MN), Giovedì santo 1958
C’è un nome che torna nella preghiera della messa, il nome di Giuda, il traditore. Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, tradisce la propria coscienza, tradisce il proprio dovere, e diventa un infelice.
Il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata.
Povero Giuda! E’ uno dei personaggi più misteriosi che troviamo nella passione del Signore. Mi accontento di domandare pietà per il nostro fratello Giuda.
Non vergognatevi di assumere questa fratellanza! Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore: nessuno si deve vergognare di lui. E chiamandolo «fratello» siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: «Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo?».
«Amico»: questa parola dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, fa capire perché lo abbiamo chiamato «fratello». Nel Cenacolo aveva detto: «Non vi chiamerò servi, ma amici».
Gli apostoli sono diventati amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre amici.
Noi possiamo tradire l’amicizia di Cristo; Cristo non tradisce mai noi, suoi amici. Anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo rinneghiamo. Davanti ai suoi occhi, davanti al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore.
Giuda è un amico del Signore, anche nel momento in cui baciandolo, consuma il tradimento del Maestro. Come è finito nel tradimento? Conosciamo il mistero del male?
Vedete Giuda, fratello nostro, fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa. Qualcuno deve aver aiutato Giuda a diventare traditore. C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male in Giuda, ma che ce lo mette davanti in modo impressionante: «Satana lo ha occupato», ha preso possesso di lui. Qualcuno deve avervelo introdotto.
Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare Dio dal cuore di tante creature. Questa è l’opera del male: è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda, può agire anche in noi.
Per questo Gesù ha detto nell’Orto: State svegli e pregate, per non entrare in tentazione. E la tentazione è cominciata con il denaro. Le mani che contano il denaro: Quanto mi date, se ve lo consegnerò? Gli contano trenta denari. ….
Ecco il baratto. Trenta denari, il piccolo guadagno …. sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista. C’è qualcuno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Il guadagno: trenta denari!
Un gesto denota una grandezza umana: glieli butta là.
Quella gente capisce? Li raccoglie e dice: «Poiché hanno del sangue, li metteremo in disparte. Compreremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo».
Così la scena cambia. Domani sera (venerdì santo), quando si scoprirà la croce si vedranno due patiboli: la croce di Cristo, un albero dove il traditore si è impiccato.
Povero Giuda, povero fratello nostro!
Il più grande dei peccati non è quello di vendere Cristo, è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro, e poi lo ha guardato e si è messo a piangere. E il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il vicario! Tutti gli apostoli hanno abbandonato il Signore, e sono tornati. E il Cristo ha perdonato loro. E li ha ripresi con la stessa fiducia.
Ci sarebbe stato un posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del Calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo, a una svolta della strada della «via crucis». La salvezza sarebbe arrivata anche per lui.
Povero Giuda!
Una croce e l’albero di un impiccato, dei chiodi e una corda. Direte: «Muore l’uno, muore l’altro».
Ma qual è la morte che noi eleggiamo: sulla morte come il Cristo, nella speranza del Cristo; o impiccati, disperati, senza niente davanti?
Ma io voglio bene anche a Giuda: è mio fratello, Giuda.
Forse l’ultimo momento ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene, e lo riceveva tra i suoi, di là.
Forse il primo apostolo è entrato insieme ai due ladroni: un corteo che certamente pare non faccia onore al figlio di Dio, come qualcuno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia.
(Nella lavanda dei piedi) lasciate che baciando quei piedi, io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro.
Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarlo «amico». Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.
Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per lui noi saremo sempre gli amici.