“Quello che vivo non viene da me, è più forte di me. Dio è venuto a prendermi da un fosso”. Così esordisce Grégoire Ahongbonon, nell’incipit della sua testimonianza tenutasi il 1° febbraio al centro d’accoglienza San Camillo di Acireale.
Grégoire è un laico, sposato con Leontine e padre di sei figli; è originario del Benin, da dove nel 1971 migra in Costa d’Avorio iniziando a lavorare come riparatore di pneumatici. Non aveva avuto la possibilità di studiare, “non conoscevo niente”, ripete più volte. Tuttavia, a soli 23 anni aveva già la sua auto personale e possedeva quattro tassì: era diventato ricco in Costa d’Avorio! In Benin aveva un rapporto privilegiato con Dio: “non potevo fare nulla senza Dio, era il mio unico riferimento, ed ero molto legato alla Chiesa. Sono arrivato in Costa d’Avorio e di fronte alla ricchezza, al successo, ho abbandonato Dio e la Chiesa”. Improvvisamente deve affrontare grossi problemi economici che lo portano sul lastrico, fino a perdere tutto ed addirittura maturando il pensiero di suicidarsi. “Ho iniziato una vita miserabile: quando avevo i soldi avevo molti amici, quando ho perso tutto, tutti mi hanno abbandonato. Sono rimasto solo con mia moglie e i due figli che avevo all’epoca. È stato il momento peggiore che abbia mai vissuto”. Questa sofferenza, afferma, gli permette di ritrovare il cammino della Chiesa, in cui, testimonia di avere incontrato un prete missionario che lo accoglie, come nella parabola del figlio prodigo. In quel momento questo prete organizzava un pellegrinaggio a Gerusalemme al quale invita Grégoire pagandogli il biglietto del viaggio. “Chi avrebbe mai creduto di ritrovarmi lungo i passi del Vangelo, a Gerusalemme! Al termine di questo pellegrinaggio posso dire che Dio mi ha donato tanto, così tanto che non sapevo come ringraziarLo. In una delle messe del pellegrinaggio, durante l’omelia, il prete dichiara che ogni cristiano deve partecipare alla costruzione della Chiesa ponendo una pietra”. Questa frase lo sconvolge: “Ho compreso che la Chiesa non è soltanto dei preti e dei religiosi. E ho capito che tutti i battezzati devono partecipare alla costruzione della Chiesa e iniziai a chiedermi quale fosse la pietra che io dovevo porre”.
Al servizio dei malati psichici
A partire da questo incontro, Grégoire comincia a fare visita a questi ammalati di notte per vedere dove dormono e, iniziando ad incontrarli, comprende che sono degli uomini, delle donne, dei bambini che desideravano solo essere amati. “Ne ho parlato con mia moglie, abbiamo comprato un frigorifero portatile dove mettevamo cibo e acqua fresca e passavamo di notte per le strade a scovare questi nostri amici. Subito si è creato un legame di amicizia. Ma un giorno mi sono chiesto a cosa servisse portare da mangiare per strada mentre io poi tornavo a casa, potevo lavarmi e dormire comodamente, a differenza di quell’ammalato, che rappresenta Gesù, che invece continua a vivere nell’indigenza”. Fu così che Grégoire decide di incontrare il direttore generale dell’ospedale dove aveva cominciato a visitare gli ammalati ed ottiene il permesso ad utilizzare lo spazio della cappella per accogliere i primi ammalati ai quali elargisce cure mediche, grazie alle quali rapidamente molti iniziano a riacquistare la loro salute. Nel 1983, il direttore dell’ospedale, in occasione della visita del ministro della Salute, gli mostra l’esperienza di Grégoire all’interno della cappella ospedaliera, suscitando grande entusiasmo nel ministro che augura a Grégoire che l’associazione da lui fondata si diffonda al più presto in tutti gli ospedali del Paese. “Così gli chiesi se poteva donare il terreno adiacente all’ospedale per costruire un luogo che potesse accogliere i nostri ammalati e grazie alla Provvidenza siamo riusciti a creare il primo centro”. Dapprima hanno iniziato ad accogliere tutti gli ammalti psichici abitanti in città, ma a poco a poco cominciano a chiedere aiuto anche famiglie di ammalti che vivevano nei villaggi.
I malati in catene
Grégoire è lungi dall’attribuire la colpa alle famiglie degli ammalati. “Le famiglie non sanno cosa fare, talvolta è con grande sofferenza che legano i loro figli, i loro parenti, perché i malati mentali rappresentano l’ultimo pensiero delle nostre istituzioni. La Costa d’Avorio, la cui superficie supera quella italiana, ha solo due ospedali psichiatrici in
La testimonianza di Grégoire ci aiuta a scrollarci di dosso la mediocrità di cui sono talvolta intrise le nostre scelte quotidiane e ricordarci che la Vita che ci è stata donata deve essere un continuo dono al fratello e sorella meno fortunati che incontriamo lungo il nostro cammino.
La testimonianza di Grégoire ci aiuta a non avere paura di osare laddove un’azione a beneficio del Cristo sofferente può sembrare velleitaria o molto più grande di noi: se si ha fede, nulla è impossibile a Dio.
Infine la testimonianza di Grégoire mi fa pensare a un aforisma di Voltaire, una sorte di mantra che dovrebbe accompagnare la vita di ogni cristiano: Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto.